La blockchain nel settore fashion

Protezione del Made In Italy, NFT & Metafashion

​​​È stato calcolato che solo nel 2020 il settore fashion Made in Italy ha subito un danno di circa 5,2 miliardi di euro a causa dei grey markets e dei prodotti falsi venduti in maniera fraudolenta. Se il fenomeno è sempre esistito, il web ed i social network si sono dimostrati terreno fertile per questo tipo di dannosa truffa che si ripercuote sia sulle aziende ma anche sui consumatori. Le associazioni di categoria, infatti, testimoniano che, oltre alla truffa economica, spesso i materiali utilizzati per riprodurre abiti, scarpe e borse, risultano essere dannosi per la salute. 

Il fenomeno è ulteriormente cresciuto con la pandemia, che ha reso sempre più frequente l’acquisto online e di conseguenza diminuendo il tasso di acquisti “in-shop". La tecnologia, se da una parte semplifica la pubblicizzazione dei prodotti contraffatti, dall’altra può naturalmente aiutare nella difesa dei marchi della moda italiana.

Ma c’è una sola tecnologia che è in grado di tracciare letteralmente il prodotto all’origine riconoscendone in maniera certificata e inalterabile l’autenticità. Stiamo naturalmente parlando della blockchain.

Una blockchain è un registro digitale distribuito (DLT), in grado di memorizzare record di dati/transazioni (finanziarie e non) in modo sicuro, verificabile e immutabile. Per tale motivo il tracciamento della produzione e la certificazione di proprietà risultano essere tra gli ambiti  applicativi più adatti della blockchain al di fuori del classico mondo delle valute virtuali.


I plus competititivi della blockchain nel settore moda.

La tracciabilità è tra gli attributi più importanti e riconosciuti della blockchain per il settore fashion. Quando un’informazione viene inserita, o meglio “notarizzata" nel registro distribuito, viene automaticamente registrata, certificata e archiviata in maniera permanente ed immutabile, consentendo a tutti gli attori coinvolti di tracciare con certezza e trasparenza tutti i processi relativi all’intero ciclo di vita di un capo.

In tal modo, grazie alla blockchain, anche il consumatore finale tramite scannerizzazione del QR Code apposto sull’etichetta del capo potrà immergersi nella storia del prodotto, scoprendo da dove provengono i materiali, dove sono stati lavorati e tanti altri dettagli notarizzati a monte in blockchain dal brand produttore.

Come affermato dai dati di ricerca dell’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano, il 67% degli italiani è disposto a pagare dal 5% al 20% in più per un prodotto di origine italiana certa e garantita. Di conseguenza, in un mercato fatto di clienti che ricercano sempre di più l’origine di qualità e la sostenibilità dei prodotti, poter comunicare facilmente e senza possibilità di smentita il proprio operato è sicuramente un vantaggio competitivo ad oggi molto importante.

Assumersi la responsabilità sulla garanzia di origine e autenticità dei propri prodotti, soprattutto per brands che operano nel settore fashion luxury, diventa ancora più importante. Per tale motivo non ci stupiamo quando leggiamo che LVMH, Prada Group, Richemont e OTB, tra i colossi del settore moda sia a livello di fatturato che di brand awareness, hanno incluso la blockchain nelle proprie procedure di business.

Ma nella difesa del Made in Italy, la tracciabilità è solo uno dei vantaggi. L’ecosistema che deriva dalla blockchain può aiutare le aziende anche nel garantire una migliore e più personalizzata customer experience.

Alcuni grandi marchi hanno iniziato ad esempio a proporre i propri capi anche come NFT (Non-Fungible-Token), ergo token (gettone digitale o digital coin) non-fungible (unico e non riproducibile); un NFT può essere considerato come un attestato digitale di autenticità e di proprietà dell’asset (digitale e non) a cui viene associato e che viene notarizzato (registrato in maniera non alterabile) in blockchain. Leggi il nostro articolo sugli NFT per approfondire il funzionamento tecnico.

Grazie agli NFT i brands permettono ai propri clienti di acquistare il capo reale e/o in formato digitale, offrendo delle ulteriori esperienze d’acquisto uniche. Questo scenario ha permesso a diverse aziende fashion di “entrare nel metaverso", così da dare il via ad un nuovo concept di fashion experience: il metafashion, ovvero il fashion applicato al metaverso.

Per capire tale trend e le diverse opportunità rapprensentate dal metaverso per le aziende del settore fashion vi facciamo un semplice esempio: il consumatore per “accedere" al metaverso dovrà selezionare un avatar che lo rappresenta; di conseguenza tale avatar avrà un aspetto che, in base alle scelte del consumatore che lo possiede relative a look, vestiario e lifestyle, sarà sinonimo di un certo status sociale. Tutti elementi su cui l’industria della moda punta da moltissimo tempo. Un mix di moda digitale, AR, NFT e social media che creano svariate opportunità per i fashion brands e che sono state già colte da brand importanti tra cui NIKE, Adidas, Balenciaga, Hermes.

Quest’ultimo caso, Hermes, ha fatto emergere una problematica importante relativa a questo mondo, ovvero la necessità di regolamentazione dello sfruttamento della proprietà intellettuale legata ai prodotti digitali. Il noto marchio di lusso francese ha visto una collezione di borse Hermes Birkins vendute come NFT attraverso la collezione “MetaBirkins". A quanto pare però non vi era alcuna autorizzazione da parte di Hermes che ha diffidato l’autore della collezione il quale in risposta alle accuse ha fatto ricorso al diritto di creare opere digitali senza particolari autorizzazioni “legali".

Ovviamente è una storia “to be continued" e anche noi siamo curiosi di capire cosa accadrà!