Ti aspettiamo alla prima mostra nei nostri uffici a Milano!
Var Digital Art e l’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia in collaborazione con Hewlett Packard Enterprise presentano “Digital Attitude”, la mostra dedicata agli elaborati dei 13 studenti e studentesse del corso di Elaborazione Digitale dell’Immagine, tenuto dal Prof. Vincenzo Marsiglia. La VDA-Exhibition avrà luogo dal 2 al 30 marzo 2023 presso la sede Var Group di Milano, con l’intento di promuovere una formula inedita di arte nei luoghi di lavoro.
“Digital Attitude”, a cura di Paolo Sacchini e Davide Sarchioni, riflette sull’adozione delle nuove tecnologie digitali nei processi della creazione artistica e nella produzione delle immagini. La mostra presenta elaborati individuali e lavori di gruppo, segnati da una profonda attitudine multidisciplinare nella commistione tra opere fisiche e digitali.
“Il corso – sostiene il Prof. Vincenzo Marsiglia – è stato concepito come un laboratorio creativo collettivo in cui ogni partecipante ha messo in gioco le proprie competenze e sensibilità, sperimentando le tecniche della pittura e della scultura digitale, della costruzione di immagini 3D e della video animazione, senza perdere di vista il ruolo centrale della pratica manuale” .
Esporranno gli studenti: Anna Carola Aristo, Emanuele Andreis + Elisa Pistoni, Elisa Benini, Bruna Stefania Benzoni, Carlotta Bontempi, Stefania Borroni, Gioele Bonetti + Ylenia-Gaia Dotti, Mariasole Gnutti, Diego Marchesi, Dafne Remondina, Chiara Sandrini.
Nelle giornate di apertura e chiusura, l’esposizione sarà aperta al pubblico e prevederà dei momenti di confronto e una riflessione sulla relazione tra arte, accademia e impresa.
2 marzo
Apertura al pubblico (16:30-19:30)
30 marzo
Apertura al pubblico (16:30-19:30)
Dove raggiungerci
Var Group Milano
Via Privata Gaetano Sbodio, 2
20134 – MI
Un binomio consustanziale
Paolo Sacchini, Co-curatore Digital Attitude
Benché il concetto di “tecnologia” come oggi lo intendiamo sia di nascita piuttosto recente, il binomio tra arte e tecnologia è strettissimo e anzi indissolubile, al punto che il loro rapporto potrebbe forse essere persino definito consustanziale: in ogni epoca, infatti, sin dagli inizi della storia dell’uomo, le tecniche e le tecnologie sono state sempre utilizzate dagli artisti, cosicché – in un certo senso – si può dire che le “nuove tecnologie dell’arte” sono sempre esistite. Ad esempio, per non proporre che un solo caso emblematico e particolarmente lontano nel tempo, come ha ben dimostrato un curioso esperimento condotto negli anni Settanta dallo scultore belga Etienne e raccontato da Rudolf Wittkover, gli scultori della Grecia classica hanno potuto godere – rispetto ai loro colleghi della fase arcaica – di un gigantesco vantaggio tecnologico derivante dai notevolissimi progressi nel frattempo avvenuti nella lavorazione dei metalli, grazie ai quali hanno potuto servirsi di strumenti molto più incisivi e più resistenti agli urti e, di conseguenza, hanno potuto liberarsi dalla stretta necessità di attaccare il marmo frontalmente e a piccoli tocchi (procedura che era invece praticamente l’unica possibile per gli scultori arcaici) per poter invece cominciare, ad esempio, a sbozzare il blocco di marmo utilizzando la subbia secondo un angolo di taglio molto accentuato (cosa che, con gli strumenti in leghe metalliche più deboli che si utilizzavano in precedenza, semplicemente non era possibile).
Più recentemente, tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, in un contesto in cui gli steccati disciplinari tra le varie arti (e tra queste ultime e la “vita”) hanno cominciato a cadere in maniera sempre più netta, ecco che gli artisti hanno cominciano di fatto ad appropriarsi – non appena possibile dal punto di vista sia logistico che economico – di tutte le tecnologie più innovative che si potessero rivelare utili al loro lavoro: è il caso innanzitutto della fotografia, che ben presto diviene una fedele compagna degli artisti, e in progresso di tempo anche del cinema (quest’ultimo un po’ meno battuto, all’inizio, per via dei costi davvero considerevoli e della difficilissima gestione logistica dei macchinari; ma non appena la Sony inventa la famosa “Portapack”, ecco che nasce e si sviluppa poderosamente ciò che noi oggi chiamiamo – forse un po’ impropriamente e indistintamente – “videoarte”); ma si pensi anche agli utopici progetti boccioniani per una scultura realizzata nel cielo con fumi colorati rilasciati dall’aereo, che ad inizio Novecento apparivano totalmente visionari e che tuttavia, cinquant’anni più tardi, Oppenheim è riuscito a tradurre in realtà. Ancora, gli artisti si sono serviti in maniera eterodossamente creativa anche della radio e della televisione: per la prima, basti pensare agli esperimenti sonori di Marinetti, ai radiodrammi di Beckett, alle composizioni di Cage; per la seconda, oltre allo splendido Manifesto spaziale per la televisione si possono vale la pena di ricordare soprattutto le sorprendenti opere di Nam June Paik, che ad esempio deforma l’immagine trasmessa dal vecchio tubo catodico ponendo sopra il televisore un potente magnete, o che in Participation TV modifica lo strumento in maniera talmente sensibile da mutarne – con acuto senso critico – addirittura la stessa identità, trasformando il più unidirezionale e passivizzante tra i mezzi di comunicazione di massa in un recettore di stimoli appunto partecipativi provenienti dai vari utenti.
Insomma, la tecnologia è davvero da sempre al servizio dell’arte; magari quest’ultima finisce per utilizzarla in maniera persino beffarda, ma di certo non lascia cadere nemmeno una goccia del suo potenziale senza cercare di comprendere in che modo si possa virare lo strumento – anche quello nato con i più rigorosi intenti scientifici – verso l’orizzonte del medium artistico.
Ecco, in questo momento non c’è dubbio che una delle ultime frontiere indagate dall’arte sia quella costituita dalla totale virtualità degli NFT, che pur potendo anche partire dalla fisicità della materia giungono infine a dare luogo ad esperimenti digitali “certificati univocamente”, e quindi anche tali – almeno in potenza, perché il problema è sempre quello di capire in che modo una tecnologia viene utilizzata – da consentire all’artista di mantenere un controllo sempre diretto anche su ogni possibile forma di indebito sfruttamento economico del suo lavoro intellettuale.
Siamo dunque molto felici di poter accompagnare i nostri studenti – non solo grazie alla preziosa attività didattica del collega Vincenzo Marsiglia, ma anche all’attentissima curatela di Davide Sarchioni e alla straordinaria disponibilità di Var Group – all’interno di questo mondo così attuale e così affascinante, che davvero sembra promettere nei prossimi anni – una volta sfrondato da taluni eccessi speculativi di cui già si sono visti gli esiti – di poter aiutare gli artisti, e specialmente i più giovani tra loro, ad esplorare consapevolmente il nostro tempo.